domenica 23 dicembre 2007

Nerone e la vigilia di Natale
di Dario Temperino



Ciò che subito colpisce un ufficiale italiano che visita un reggimento inglese è la ossessiva presenza dei cani. Cani di tutte le taglie, dalle razze più pregiate, fino a quelli incrociati con i binari del treno. Te li trovi dovunque con sempre appeso, dall'altra parte del collare un capitano, un maggiore, un colonnello. E quello che forse più lascia perplesso un ufficiale di cavalleria è trovarseli tutti al circolo tra una poltrona e un tavolo o su un tappeto antico, ignorandosi per lo più l'un l'altro, con quell'aria annoiata propria di un inglese di... razza.
Anche in Italia, si sa, le caserme sono piene di cani, ma contro di essi l'ufficialità combatte: li si rinchiude al canile, li si deporta in... altre caserme. Ebbene, per Nerone è stato diverso; si era presentato un giorno nel comprensorio militare di L…. per essere subito adottato dai cavalleggeri di quel 1° squadrone esplorante che allevavano già due oche, sei gallinelle americane e una capretta.
Al nuovo comandante di squadrone piacque Nerone perché era veramente bello: aveva un pelo nero, lanuginoso e folto, un muso appuntito, per occhi due tizzoni intelligenti e una dentatura da far paura a un lupo. Così lo adottò dandogli il proprio nome e tanto di medaglietta comunale al collare rosso, facendolo vaccinare e assicurandolo... non si sa mai. Di grossa taglia, correva come una saetta se lanciavi un sasso o un bastone, finché un giorno, nell'attraversare un ponticello di assi sconnesse, si ferì alla zampa anteriore destra, lacerandosi carni e tendini fino all'osso. Rimase zoppo, ma era sempre lui, l'anziano del 1° squadrone, del quale dominava il territorio.
Accompagnava dovunque il reparto e finché c'erano gli M47(1), il suo posto era nella botola del 2° pilota del comandante di plotone, con casco regolamentare sulle orecchie e zampe anteriori appoggiate ai bordi. Mai stato al guinzaglio, non è mai entrato in una cucina o a refettorio, ma non aveva mai saltato una guardia, sicché la sentinella del 1° squadrone aveva sempre trovato in lui un compagno nelle lunghe veglie e un sicuro baluardo a ‘sorprese’ di qualsiasi genere.
Come il suo capitano non amava gli estranei; segretamente geloso dei cavalli degli ufficiali (oche e galline le aveva già divorate, una alla volta), nel reggimento c'era un ufficiale che amava raccontare come Nerone lo avesse "preso per un braccio" e portato fuori dalle camerate del reparto, una mattina che lui, capitano d'ispezione, aveva voluto assistere alle operazioni connesse con la sveglia del personale.
Ma la sua antipatia era rivolta in modo più evidente al comandante di reggimento. Lo ignorava con un’ostentazione che aveva dell’insulto. Lui che era pronto, con più o meno entusiasmo, a farsi grattare il pelo dai cavalleggeri d’ogni ordine e grado, non rispondeva al richiamo del colonnello neppure se questi si piegava sui talloni e allungava la mano. Quando quello gli si accostava, se accucciato, si alzava allontanandosi dalla parte opposta con quel suo passo, tra il claudicante e l’indolente, che lo caratterizzava nei giorni in cui si faceva prendere dalla più mortale delle noie.
Col tempo attorno a lui nacquero altre leggende d’ogni tipo: si favoleggiava della sua forza, del suo appetito, delle sue prestazioni... amorose, laddove i cani dei diversi reparti avevano dovuto sempre lasciargli lo ‘ius primae noctis’ sulle cagnette di passaggio. Un brutto giorno arrivò l'ordine di ‘deportare’ tutti i cani dal comprensorio, Nerone compreso. A nulla valsero le proteste del tenente di destra(2) (il capitano era in licenza) e dei cavalleggeri, così gli uomini del canile municipale conobbero i suoi denti ma, alla fine, mestiere e cappi ebbero la meglio.
Quella stessa notte, però, una macchina si accostava alla recinzione e tre ombre strisciavano attraverso il buco dietro le scuderie: due grandi e furtive, la terza più piccola e rumorosa che spiccava salti inverosimili. La mattina successiva, dopo la cerimonia dell’alzabandiera, un capitano (rientrato precipitosamente dalla licenza) più impettito che mai alla testa del suo squadrone sfilò in parata davanti al colonnello(3) lui in testa e Nerone che sovrintendeva all’allineamento delle righe.
Nerone continuò a vivere col 1° squadrone anche dopo che il suo vecchio capitano aveva assunto un altro comando, perché quello era il suo reparto ed il suo territorio. Trascorsero gli anni e nell’immaginario dei cavalleggeri, nonché sulla sua scheda personale con tanto di fotografia, Nerone era passato caporale e anche caporal maggiore, nonostante l'ufficio ‘barbe finte’(4) avesse sempre negato il nulla osta di rito, per carenza di informazioni sui suoi trascorsi.
Una mattina, era la vigilia di Natale, non si presentò all'alzabandiera. I cavalleggeri cercarono invano per ogni dove e anche un’esercitazione di rastrellamento improvvisata ad hoc rimase senza esito. Nerone se n'era andato così come era arrivato, senza chiedere permesso e senza far rumore. Appesantito nella figura e con qualche pelo bianco nel suo folto mantello, nell'atmosfera di quei giorni che rendono più vive le malinconie, forse non era riuscito a comprendere perché sul carro non potesse più esserci posto per lui(5) e poi... questa cavalleria senza esploratori(6)!




Note:(1) M/47, carro armato medio di cui era dotato lo squadrone.(2) Tenente di destra, in cavalleria vice comandante di squadrone. (3) Tutte le mattine, dopo l’alzabandiera, gli squadroni passavano in ordine chiuso, sfilando davanti al colonnello comandante. Era un modo di tenere addestrati formalmente i reparti. (4) Barbe finte, gergo militare col quale venivano indicati gli addetti alla sicurezza. (5) Sui nuovi carri armati Leopard, che avevano sostituito gli M47, non c’era la botola del 2° pilota. (6) Un’infausta direttiva, cancellata dieci anni dopo, aveva abolito i reparti esploranti e l’esplorazione è la principale attività della cavalleria.

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