giovedì 3 gennaio 2008

Il primo inverno di Magdeline

di Fabio Bertinetti
Uno

Il sussulto ritmato prodotto dai binari della ferrovia, aveva per Magdeline un’ effetto rilassante, quasi soporifero. Il fatto che il viaggio da Termini ad Ottaviano durasse si e no 5 minuti le impediva di addormentarsi. Era riuscita a trovare un posto a sedere, bene raro e prezioso nei vagoni della metro in ora di punta, e per una volta avrebbe sperato che il tragitto potesse essere più lungo del solito. Chiuse gli occhi e tentò quanto meno di sognare.

La spiaggia non ricordava neppure come si chiamasse, però non era la prima volta che riusciva a convincere il suo “fidanzato” di turno a farsi accompagnare. Le ricordava i giorni felici dell’infanzia, quando con una carissima zia passò dei bellissimi giorni di vacanza a Baracoa. Forse era stata la sua prima vacanza e certamente era stata anche l’ultima. La zia Luisa non era così ricca da portarla in un’altra città per una settimana, aveva solo preso al volo l’occasione. Dovendo accudire una delle sue sorelle aveva scelto la piccola Magdeline orfana di madre e, sostanzialmente, anche di padre, per regalarle dei ricordi che sarebbero rimasti indelebili. La ragazza Magdeline, quindi, approfittava dei suoi fidanzati temporanei per farsi portare alcuni giorni in quella piccola città dove ancora vi è una statua di Cristoforo Colombo e dove venne fondata la prima colonia Spagnola in Cuba nel 1498. Aveva più di cinquecento anni la piccola cittadina e ancora conservava il suo sapore antico e coloniale. Il suo ragazzo rimase allibito dallo spettacolo che vide una volta giunto in spiaggia. Sabbia bianca e fine che sembrava sale, mare azzurro e cristallino e solitudine per chilometri quadrati. Rimasero tutta la mattina e tutto il pomeriggio sdraiati sulla sabbia a parlare e raccontarsi progetti di vita. Non era convinta che Mauro dicesse la verità, in fin dei conti quanti altri uomini l’avevano illusa? Non era assolutamente certa che sarebbe venuta in Italia. Gli stranieri erano persone simpatiche, generose ma decisamente strane. Non riuscivano a pensare se non con il loro metro, con i loro punti di vista. Sapevano tutti che a Cuba c’era la fame e la povertà, però nelle piccole cose tendevano a dimenticarlo. Magdeline ricordava ancora di quella volta che, mentre era al ristorante con un’ altro dei suoi fidanzati Italiani, diede da mangiare un coscio di pollo ad un cane magrissimo e con gli occhi tristi di fame e dolore. Si sentì felice di condividere quel pezzo di benessere con quella bestia, ma il suo ragazzo le disse:
-Ma che sei matta?-
-Matta? E di che? Se ti da fastidio che do da mangiare al cane te lo pago io il coscio di pollo. Ho ancora i soldi che mi hai dato ieri-
-Ma no! Che dici Maye! È solo che al cane fa male il pollo-
-Fa male il pollo? Estas loco?-
-Gli fanno male le ossa del pollo, los Huesos del Pollo. Rischiano di andargli di traverso. Va Estrangularse, si strozza!-
-Mi amor!- Disse Magdeline sporgendosi sul tavolo e guardando il ragazzo negli occhi
-Sabes que este perro si no muere de pollo, muere de ambre¹-
Il ragazzo rimase in silenzio. Magdeline non riusciva a capire come mai per quanto simpatici, intelligenti e di cultura, gli Italiani non riuscissero ad elaborare simili processi mentali... (SEGUE)






¹ “Sappi che questo cane se non muore di pollo, muore di fame”

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