martedì 22 gennaio 2008

Il primo inverno di Magdeline

Di Fabio Bertinetti

Tre


....Rimase fuori del negozio, solo alcuni minuti, quando una moto salì sul marciapiede e le si avvicinò. Era Giuseppe il suo datore di lavoro. Si tolse il casco, si pettinò i capelli e sfoderò un sorriso sincero.
-Ciao Magdeline come stai? E’ andato bene il tragitto in Metro?-
-Tutto bene grazie, solo un po’ di freddo. Sai, non ci sono molto abituata-
Giuseppe si attardava ad alzare la saracinesca. Era lì e guardava Magdeline con aria rapita. Ne osservava la pelle mulatta e gli occhi neri e profondi. Ne ammirava i capelli corvini e la bocca carnosa. Magdeline aveva visto tante altre volte quello sguardo posarsi su di se, e sapeva perfettamente che lui l’aveva desiderata ardentemente dal primo momento in cui l’aveva vista.



L’appuntamento con Adilec era al Parque Céspedes, di fronte alla cattedrale. Mauro era partito da un paio di mesi, ma i soldi continuava ad inviarli. Era bellissimo per Magdeline sentirsi padrona nella propria città. Padrona di uscire con le amiche, sedersi al tavolino di un bar e consumare un aperitivo, o una bottiglia di cerveza Cristal senza rendere conto a nessuno. Senza dover per forza essere accompagnata da uno straniero che le offrisse quei momenti di libertà. Anche la sua amica Adilec aveva qualcosa da raccontarle,e forse si trattava della stessa bella notizia che aveva lei: era in attesa dell’invitacion, l’invito ufficiale presentato al ministero degli esteri Italiano per permettergli di passare tre mesi in quel paese. Adilec arrivò con alcuni minuti di ritardo e quando si incontrarono le due amiche si sorrisero e si abbracciarono. Salirono le scalinate del bar e si sedettero sulla terrazza che guardava verso il parco e la cattedrale. Adilec ordinò una Cristal, mentre Magdeline preferì consumare una birra più forte:
-Una Bucanero por favor- disse al cameriere con l’aria della donna vissuta. Parlarono a lungo le due ragazze e appresero di essere entrambe in attesa delle formalità burocratiche e del pagamento della cauzione che Mauro e Luigi avrebbero dovuto versare. Non sarebbero andate in città vicine, ma forse il periodo di partenza era lo stesso e con un po’ di fortuna avrebbero potuto incontrarsi anche in Italia. Il pomeriggio era caldo e assolato e in compagnia di un’amica come Adilec, il tempo sembrava non finire mai. Le birre divennero due e poi quattro, e ogni volta il cameriere chiedeva i soldi per la consumazione appena servita. Magdeline con estrema naturalezza estraeva i dollari dalla borsa e li porgeva al cameriere, il tutto senza smettere di parlare e continuando a guardare la propria amica. Il movimento di denaro non passò inosservato ad un poliziotto seduto poco lontano. Magdeline sapeva che a Cuba c’è un poliziotto in ogni bar o in ogni albergo, e sapeva anche che le ragazze trovate in possesso di dollari, rischiavano di essere arrestate per prostituzione, ma si lasciò trasportare dalla gioia e si lasciò fuorviare dalla tolleranza che il regime sembrava mostrare da qualche mese. Fu come una doccia gelata quando il poliziotto si avvicinò e chiese ad entrambi i documenti.
-El carnet!- Disse laconico il poliziotto, ed entrambe fornirono i documenti
-Che succede?- chiese Magdeline, mentre la sua Amica era zittita dalla paura
-Succede che voi non potete stare qui – Disse il poliziotto
-E perché no? Ci sono stata altre volte qui!-
-Oggi non potete!-
-E mi deve spiegare il perchè- rispose ancora la più intraprendente delle due
-Io non ti devo spiegare nulla. Tu non puoi stare qui e non puoi avere tutti quei soldi. Puttana!-
-I soldi me li manda il mio fidanzato dall’Italia perché ho ricevuto un invito. E anche la mia amica-
-Allora fatemi vedere gli inviti-
-Non ce li abbiamo qui, mica dobbiamo portarli appresso--E allora venite con me!- Nel dire ciò il poliziotto afferrò il braccio di Adilec mentre altri due suoi colleghi che erano giunti nel frattempo, si avvicinarono a Magdeline. Adilec fece resitenza e il poliziotto ci mise tutta la sua forza per portarla con se. Adilec gridò di dolore nel sentire la morsa di quell’omone stringergli il polso. Magdeline non si rese conto che altri poliziotti le si stavano avvicinando. Prese la bottiglia di Bucanero e colpì violentemente il poliziotto. Il colpo fù inaspettato e preciso. La bottiglia si spaccò sul viso del poliziotto, che cadde a terra sanguinante. In breve Mgdeline si trovò sbattuta a terra dagli altri due sbirri mentre Adilec scoppiò a piangere.

lunedì 7 gennaio 2008

Il primo inverno di Magdeline

Di Fabio Bertinetti

Due


.......Arrivò alla fermata e scese dalla metro seguendo il fiume di gente che si recava al lavoro. Appena in strada venne investita da un vento gelido che, come uno schiaffo, la scosse dal torpore della mattina. Aveva vissuto altri Dicembre la bella Magdeline ma questo era il suo primo inverno.

La macchina rossa percorreva ad alta velocità il tragitto che separava Santiago de Cuba da El Cobre. Bisognava affrettarsi per evitare di giungere oltre l’orario di chiusura. Junior guidava con perizia riuscendo a tenere alta la concentrazione, Marco era un po’ teso ed ogni volta che si incrociava un’altra vettura sulla stretta strada sterrata, si irrigidiva sul sedile tenendosi ben saldo alla maniglia sopra lo sportello. Come tutti gli Italiani lo fregava la presunzione di essere dannatamente bravo al volante, e il pensiero che un Cubano stesse guidando ad alta velocità su una strada da schifo gli provocava un po’ di paura e un po’ di invidia. L’aria era tesa dentro la vettura e nessuno condivideva le proprie preoccupazioni. Magdeline continuava ad incoraggiare Junior a premere l’accelleratore; era importantissimo che si arrivasse in tempo al santuario. Il guidatore era abbastanza impegnato con la strada da non avere altri pensieri, se non il fastidio di Maye che continuava ad urlare. Marco non capiva molto di quello che stesse succedendo, ed oltre alla guida sportiva di Junior, era l’inconsapevolezza a renderlo nervoso. La zia Luisa, infine ,era silente dall’uscita della chiesa e la sua era più un’espressione preoccupata che non emozionata. La mattinata era passata tranquilla e fino al momento in cui non si presentò alla Consultoria Juridica con il vestito da sposa, Magdeline non si sentiva per nulla emozionata. D’improvviso davanti al portone i mesi di tensione e le vicissitudini passate fecero sentire il loro peso portandola ad uno stato di agitazione che perdurò per tutta la cerimonia. Ancora pochi minuti e sarebbe finito tutto. Junior si era infilato tra i banchi di legno che vendevano i souvenirs della Virgen e il monastero era ormai apparso a pochi metri di distanza. Non si parcheggiò neppure. Le portiere dell’auto sembrarono esplodere e Magdeline fu la prima ad uscire, nonostante l’ingombro del velo, seguita dalla zia e da tutti gli altri. La scalinata di pietra bianca venne percorsa in un sorso, poi all’entrata la custode nicchiò alquanto data l’ora di chiusura che si avvicinava.
-“Dobbiamo solo consegnare questo alla Virgen” disse Magdeline mostrando il bouquet da sposa. Marco, che ormai aveva capito il meccanismo, allungo due dollari e tutto si risolse.
Arrivò in anticipo davanti al negozio. Era il suo primo giorno di lavoro e non avrebbe fatto tardi per nessun motivo. La tensione per l’evento le portò alla mente la corsa pazza e frenetica fatta a Cuba per portare il bouquet da sposa alla Virgen de la Caridad di El Cobre patrona dell’isola. Era poco più che una ragazzina quando fece il voto di tale dono se, un giorno si fosse sposata con uno straniero. Il desiderio si era avverato proprio quando tutto sembrava perduto e ora si trovava in una città grande e piena di opportunità per vivere dignitosamente. Al freddo però doveva ancora abituarsi....

giovedì 3 gennaio 2008

Il primo inverno di Magdeline

di Fabio Bertinetti
Uno

Il sussulto ritmato prodotto dai binari della ferrovia, aveva per Magdeline un’ effetto rilassante, quasi soporifero. Il fatto che il viaggio da Termini ad Ottaviano durasse si e no 5 minuti le impediva di addormentarsi. Era riuscita a trovare un posto a sedere, bene raro e prezioso nei vagoni della metro in ora di punta, e per una volta avrebbe sperato che il tragitto potesse essere più lungo del solito. Chiuse gli occhi e tentò quanto meno di sognare.

La spiaggia non ricordava neppure come si chiamasse, però non era la prima volta che riusciva a convincere il suo “fidanzato” di turno a farsi accompagnare. Le ricordava i giorni felici dell’infanzia, quando con una carissima zia passò dei bellissimi giorni di vacanza a Baracoa. Forse era stata la sua prima vacanza e certamente era stata anche l’ultima. La zia Luisa non era così ricca da portarla in un’altra città per una settimana, aveva solo preso al volo l’occasione. Dovendo accudire una delle sue sorelle aveva scelto la piccola Magdeline orfana di madre e, sostanzialmente, anche di padre, per regalarle dei ricordi che sarebbero rimasti indelebili. La ragazza Magdeline, quindi, approfittava dei suoi fidanzati temporanei per farsi portare alcuni giorni in quella piccola città dove ancora vi è una statua di Cristoforo Colombo e dove venne fondata la prima colonia Spagnola in Cuba nel 1498. Aveva più di cinquecento anni la piccola cittadina e ancora conservava il suo sapore antico e coloniale. Il suo ragazzo rimase allibito dallo spettacolo che vide una volta giunto in spiaggia. Sabbia bianca e fine che sembrava sale, mare azzurro e cristallino e solitudine per chilometri quadrati. Rimasero tutta la mattina e tutto il pomeriggio sdraiati sulla sabbia a parlare e raccontarsi progetti di vita. Non era convinta che Mauro dicesse la verità, in fin dei conti quanti altri uomini l’avevano illusa? Non era assolutamente certa che sarebbe venuta in Italia. Gli stranieri erano persone simpatiche, generose ma decisamente strane. Non riuscivano a pensare se non con il loro metro, con i loro punti di vista. Sapevano tutti che a Cuba c’era la fame e la povertà, però nelle piccole cose tendevano a dimenticarlo. Magdeline ricordava ancora di quella volta che, mentre era al ristorante con un’ altro dei suoi fidanzati Italiani, diede da mangiare un coscio di pollo ad un cane magrissimo e con gli occhi tristi di fame e dolore. Si sentì felice di condividere quel pezzo di benessere con quella bestia, ma il suo ragazzo le disse:
-Ma che sei matta?-
-Matta? E di che? Se ti da fastidio che do da mangiare al cane te lo pago io il coscio di pollo. Ho ancora i soldi che mi hai dato ieri-
-Ma no! Che dici Maye! È solo che al cane fa male il pollo-
-Fa male il pollo? Estas loco?-
-Gli fanno male le ossa del pollo, los Huesos del Pollo. Rischiano di andargli di traverso. Va Estrangularse, si strozza!-
-Mi amor!- Disse Magdeline sporgendosi sul tavolo e guardando il ragazzo negli occhi
-Sabes que este perro si no muere de pollo, muere de ambre¹-
Il ragazzo rimase in silenzio. Magdeline non riusciva a capire come mai per quanto simpatici, intelligenti e di cultura, gli Italiani non riuscissero ad elaborare simili processi mentali... (SEGUE)






¹ “Sappi che questo cane se non muore di pollo, muore di fame”